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Gli altri su Kubrick |
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“Non è necessario essere una persona simpatica e piacevole per essere estremamente dotato di talento. Si può essere uno stronzo ed essere talentuoso così come, al contrario, si può essere la persona più piacevole e simpatica senza avere alcun talento. Stanley Kubrick è uno stronzo di talento” (Kirk Douglas dopo avere lavorato con Kubrick in Spartacus, riportato da http://www.filmmakers.com, libera traduzione di P.V.)
"Trovai i soldi per produrre Orizzonti di Gloria perché mi ero innamorato del suo Rapina a mano armata. Poi dovetti lottare per lasciare il nome della mia società di produzione nei titoli del film, che lui reputava solo "di Kubrick". Per Spartacus gli portai lo sceneggiatore Dalton Trumbo. Dalton non poteva firmare essendo sulla lista nera del maccartismo, Kubrick propose il suo nome. Litigammo come quando, dopo avermi fatto leggere il copione di Orizzonti di gloria me ne presentò sul set uno più commerciale. Mai un segno di riconoscenza: un talento schiacciato da un ego napoleonico". (Kirk Douglas, Il Corriere della Sera, 26/7/98)
"Quando papà scopriva che a volte riguardavamo suoi film come Il bruto e la bella o Ventimila leghe sotto i mari, si arrabbiava e diceva: "Dovete vedere Orizzonti di gloria: è il mio fiore all'occhiello". (intervista ai figli di Kirk Douglas, Il Corriere della Sera, 8/3/99)
"L'uomo Kubrick ? un adorabile "gadget man": scoprire un nuovo modello di congegno elettronico e regalarlo è la felicità. C'è ruggine tra Kirk Douglas e Stanley, ma Kirk resta con amore e odio il suo Pigmalione". (Riccardo Aragno, Il Corriere della Sera, 26/7/98)
"Purtroppo non sono un kubrickiano: ammiravo enormemente la limpidezza dello sguardo di questo grande visionario, una limpidezza lucida e spietata, però a questa grande ammirazione non ha mai corrisposto un amore. Perché ? non ho mai avuto, guardando i suoi film, la sensazione che Kubrick amasse l'umanità. Lo ammiravo perché era un grandissimo cineasta; la sua visione, la sua lente era unica e inesorabile, come se mettesse tutto eccessivamente a fuoco, ma è come se avessi sempre visto i suoi film dietro una specie di muro di vetro. (Bernardo Bertolucci, La Repubblica, 8/3/99, intervista di Silvia Bizio)
"Io ho sempre pensato, come diceva Renoir, che bisogna lasciare una porta aperta sul set perché non si sa mai quando la realtà decida di entrare nei tuoi film. Kubrick ha fatto il contrario: ha chiuso le porte dei suoi set come ha chiuso le porte di casa sua". (Bernardo Bertolucci, La Repubblica, 8/3/99, intervista di Silvia Bizio)
"Considero Stanley Kubrick un “gigante” fra i cineasti americani della nuova generazione". (Orson Welles, dopo aver visto The Killing, 1956, tratto da http://www.cfi-icf.ca, libera traduzione di P.V.)
"2001 è moralmente pretenzioso, intellettualmente oscuro, anormalmente lungo". (Arthur Schlesinger jr., tratto da "Nuovo Dizionario universale del cinema" di Fernaldo Di Giammatteo, Editori Riuniti, 1994)
"Il film è così completamente immerso nelle sue stesse problematiche, nel suo uso del colore e dello spazio, nella sua fanatica devozione ai dettagli di fantascienza che sta nel mezzo fra l'ipnotico e l'immensamente noioso". (Renata Adler, recensione di "2001:Odissea nello spazio", New York Times, 4/4/1968, libera traduzione di P.V.)
"Ho vinto un Oscar per Spartacus ma Kubrick mi spaventa. Il cinema è il suo filtro, la sua identità". (Peter Ustinov, Il Corriere della Sera, 26/7/98)
"Girare con Kubrick è come andare alla guerra. Dopo un film con lui non ti viene voglia di riprovarci". (Malcolm McDowell, Il Corriere della Sera, 26/7/98)
"Era talmente abituato a vivere da solo che non aveva rapporti con il resto del genere umano e sono convinto che la razza umana non gli piacesse [...] era ossessionato dalla precisione ed a questo fine sacrificava chiunque. Non potrò mai dimenticare quello che mi successe sul set di Arancia meccanica: mi ammalai di polmonite e dopo tre settimane a letto con la febbre alta tornai al lavoro. Lui mi fece subito girare una scena in cui mi bagnò da capo a piedi con dell'acqua gelata, una sequenza che poi decise di non utilizzare nel film. Ricordo di averlo quasi picchiato per questo".
(Malcom
McDowell, Il Messaggero, 8/3/99)
"E' molto difficile per me giudicare la versione di Shining di Stanley Kubrick perché i miei sentimenti sull'intera faccenda sono ancora molto ambivalenti. Io ho sempre ammirato Kubrick e mi aspettavo davvero molto dal progetto ma alla fine fui profondamente deluso del risultato. Alcune parti del film sono terrorizzanti, cariche di un implacabile terrore claustrofobico ma altre sono piatte. Kubrick è riuscito a malapena a sfiorare il Male inumano dell'Overlook Hotel, dedicandosi invece al male insito nei protagonisti e ha trasformato il film in una tragedia domestica con toni solo vagamente sovrannaturali. Questo è stato il difetto base: poiché lui non poteva credere, non poteva neppure fare un film credibile per gli altri. [...] Il vero problema è che Kubrick si mise in testa di fare un film horror senza avere capito il genere". (Stephen King, Playboy, Giugno 1983, intervista di Eric Norden, tratta dal sito http://www.houseofhorrors.com/shining.htm , libera traduzione di P.V.)
David Hochman: "Lei ha detto che Shining, è stato un interessante fallimento" Stephen King: "Non posso parlare di Shining. Ho fatto un patto con Stanley Kubrick che non lo avrei fatto, a maggior ragione ora che Stan è morto". (Intervista a Stephen King di David Hochman per Entertainment Weekly, www.ew.com, libera traduzione di P.V.)
"Quando mi disse che sarei stato il protagonista del suo film [...] aggiunse ridendo: "Mi diverte molto l'idea che, proprio tu, dovrai fingere di essere paranoico". E mi diede un suggerimento che non ho mai dimenticato: "Dovrai avere sempre gli occhi sbarrati per il tuo Torrance: pensa alla fotografia dell'arresto di Charles Manson dopo la strage di Sharon Tate".
Ogni giorno mi arrivavano le pagine scritte da Kubrick sulle scene da girare e c'era sempre, a margine, il nome di Manson. Potevo vedere, leggendo le note, tutti i fantasmi della sua mente ma anche la sua ironica fantasia".
(Jack
Nicholson, Il Corriere della Sera, 10/3/99)
"Il tentativo di un ignorante di fare un film sull’ignoto". Parlando con Jan Harlan, suo collaboratore e cognato, Stanley Kubrick definiva così 2001: Odissea nello spazio". (Maria Pia Fusco, La Repubblica 18/02/2001)
"2001
è un semplice prodotto commerciale, impossibilitato per ciò stesso a essere
opera d'arte".
(Alberto
Moravia, tratto da "Al cinema. Centoquarantotto film d’autore",
Milano, Bompiani, 1975, pag. 130)
"Credo che la Chiesa cattolica debba essere interessata verso i pensieri degli agnostici, di coloro che desiderano credere, che pur avendo un fortissimo desiderio di credere non ci riescono, non riescono a distinguere tra desiderio di credere e fede. Ma vivono una ricerca continua, insistente, costante: credo che la Chiesa debba essere affascinata da questo. Che è poi quello che vediamo in 2001: Odissea nello spazio, un film che si distingue per essere un atto reverenziale nei confronti del Creatore, sia pur sconosciuto, ignoto. Un discorso, beninteso, che vale nei confronti della Chiesa cattolica come di qualsiasi altra religione. Questo film è un grande inchino verso qualsiasi tipo di fede". (tratta dall' intervista a Christiane Kubrick di Paolo D'Agostini, La Repubblica, 2/3/2001)
"Quattro anni fa aveva deciso di girare il film (Eyes Wide Shut, n.d.r.) non più a Vienna, come aveva pensato in un primo tempo, ma a Dublino. Aveva scelto Woody Allen come protagonista e il medico, poi interpretato da Tom Cruise, doveva essere uno psichiatra. Woody è stato in analisi 21 anni e Stanley era affascinato dall'idea di affidargli un uomo che si scopre vulnerabile di front e ai sentimenti. Il film in quella versione non andò in porto. Fu allora che decise di scegliere una coppia bella e ricca per scoprirne sino in fondo le fragilità del cuore. Ma ogni tanto l'idea di Woody gli ritornava in mente e gli piacevano i suoi film su New York. Così scelse di ambientare la storia nella metropoli dove io avevo studiato arte, dove l'avevo conosciuto".
(Christiane
Kubrick,
Il
Corriere della Sera, 2/9/99)
"Ho sempre voluto una carriera nella quale i miei film non fossero avvenimenti. Non vorrei mai assomigliare a Stanley Kubrick, che era un cineasta geniale ma faceva un film solo ogni sei o dieci anni. Ogni volta si trattava di un grande avvenimento. La pressione era enorme: ogni sua nuova opera doveva essere assolutamente un capolavoro. Per me una situazione del genere, che spinge all' estremo la logica del successo o del flop, sarebbe un incubo. Preferisco essere come il Beaujolais, c' è una produzione annuale e la gente può dire: "Quest' anno era buono" oppure: "Questa vendemmia è un po' deludente". Al che posso sempre rispondere: "Benissimo, magari vi piacerà di più la prossima annata". (tratto da "Conversazione con Woody Allen" di Jean-Michel Frodon, Einaudi Tascabili-Stile Libero, 2001)
"Credo che (A.I. n.d.r.) sia il film voluto da Kubrick, che ammirava molto Steven, lo chiamava "you, futuristic fantastic". Se non fosse scomparso, sarebbe stato lui a produrlo. Kubrick produttore, Spielberg regista: una bella coppia". (intervista a Jan Harlan, cognato e collaboratore di Kubrick, Maria Pia Fusco, La Repubblica 18/2/2001) ma pochi giorni dopo.... "Erano davvero amici" assicura Harlan, quasi a voler placare gli animi di chi considera l'operazione un vero e proprio scippo. "Ma se fosse stato in vita - corregge il produttore-cognato - lo avrebbe realizzato lui". (intervista a Jan Harlan, cognato e collaboratore di Kubrick, Camillo De Marco, La Repubblica, 1/3/2001) |
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